Agostino amico, maestro, modello

Questa sera alle 18.30 il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato di Papa Francesco, celebrerà nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro sulla tomba di sant’Agostino. Ecco l’intervista che il cardinale Parolin mi ha rilasciato sulla figura del “doctor gratiae” e che è stata pubblicata sul settimanale della diocesi Il Ticino e in parte su Avvenire.

Agostino è uno dei Padri della Chiesa più amati e tuttora letti e seguiti. Nei suoi scritti ha affrontato ogni genere di errori di quei tempi (manichei, donatisti, pelagiani etc etc). Sembra parli di mali antichi eppure sempre nuovi e attuali. Secondo Lei oggi qual è il testo dottrinale di Agostino che più dovremmo leggere per affrontare la contemporaneità e avere così un valido aiuto nel discernimento che è proprio di ogni anima?

Agostino fu molto amato e ammirato già dai suoi contemporanei. San Girolamo, ad esempio, in una lettera gli scrisse: “Tutto il mondo ti ammira, tutta la Chiesa ti ama”. Le epoche a lui posteriori lo hanno sempre avuto come loro interlocutore, in particolare nell’Occidente latino.  San Giovanni Paolo II nella sua Lettera Augustinum Hipponensem per il XVI centenario della conversione, scrisse: (Di Agostino) un po’ tutti nella Chiesa e in Occidente ci sentiamo discepoli e figli … il magistero di tanto dottore e pastore continui nella Chiesa e nel mondo a favore della cultura e della fede”.  Quanto al nostro tempo, il libro di Agostino che più viene stampato (il secondo dopo quello della Bibbia) sono le sue Confessioni. La nostra epoca, come è sotto gli occhi di tutti, si configura come una migrazione perenne, quasi ossessiva: vengono in Europa in particolare in Italia tanti dall’Africa come dall’Asia. In Italia la disoccupazione giovanile porta i giovani ad emigrare e, con loro, i genitori, che vanno a trovarli cioè li rincorrono. Agostino nelle Confessioni è l’icona del giovane migrante per una vita migliore (lui dall’Africa venne in Italia, a Roma, a Milano, e dopo cinque anni fece ritorno in patria alla sua Tagaste, ubicata ai confini dell’Impero romano).  Lo segue la madre, suo fratello, sua sorella, alcuni parenti, alcuni amici. Durante le tappe migratorie erano sempre in cerca di un qualche aiuto, di un qualche amico, e pregavano sempre, cercavano Dio, la loro consolazione. Le Confessioni di Agostino sono, infatti, il libro di preghiera di un migrante.

Passando dalla dottrina all’aspetto “psicologico”, Agostino è fra gli autori più letti in ogni tempo. Ogni giorno vien scritto un libro nel mondo che lo riguarda. Perché le donne e gli uomini di ogni tempo lo considerano un “compagno di strada” e continuano a leggerlo?

Papa Benedetto XVI ha parlato di un’”interrotta attualità” di Agostino (27 settembre 2012).  Io credo che tale ininterrotta attualità sia riconducibile al fatto che Agostino fu un uomo vero, che visse la drammaticità della condizione umana, sentì con forza l’attrazione del mondo e approdò alla verità dopo un percorso faticoso, assomigliando  in questo all’uomo di ogni tempo, che è alla ricerca del senso della vita e spesso si illude di trovarlo fuori dalla fede in Dio.  Invece, il cuore umano è stato fatto per Dio e non ha pace finché non riposa in Lui.  Agostino era poi convinto che senza Gesù non si può trovare la verità.  Per Gesù nutrì un amore appassionato, ne fece il cuore della propria esistenza e lo considerò la bussola in grado di indicare la direzione da seguire.  Di qui la centralità di Cristo in tutti gli scritti del santo Dottore.

Agostino è africano di origine e romano di formazione. Davvero si può considerare un “ponte” fra culture, un’intelligenza e un cuore che uniscono e non dividono. Cosa può insegnarci in questi tempi difficili dal punto di vista geo-politico?

Agostino, africano della Numidia, era figlio di una madre (Monica) di razza berbera –  un popolo ancora esistente nell’attuale Algeria, per cui gli algerini lo riconoscono come loro connazionale – e di un padre (Patrizio) forse colono romano. In lui, quindi, già per nascita si realizzava un incontro tra due mondi. Dopo aver studiato e insegnato retorica a Cartagine, venne prima a Roma e poi a Milano, allora capitale dell’impero romano di Occidente. A Milano, grazie ad un prete, Simpliciano, e al vescovo Ambrogio, approdò alla fede cristiana della Chiesa cattolica, che d’altra parte aveva succhiato dal latte di sua madre (mentre il padre era pagano). La sua esperienza africana e romana, in particolare del cristianesimo cattolico milanese, fece di lui una sintesi unica di intellettuale.  Ciò lo predispose alla capacità di dialogare con tutti, a cominciare dai rappresentanti delle istituzioni romane e dai gruppi dissenzienti all’interno della comunità ecclesiale, in particolare con i donatisti.  Ritengo che proprio la lezione del dialogo sia il contributo che il grande Vescovo di Ippona consegna ai nostri tempi difficili dal punto di vista geo-politico.  Costruire sempre ponti di dialogo con gli altri è la strada che anche Papa Francesco non cessa di indicarci per fare la pace.

Eminenza chi è per Lei Sant’Agostino? Come pastore al servizio della Santa Sede quale pagina di più predilige della sua vastissima produzione letteraria?

Ho un’ammirazione e un amore grandi per Sant’Agostino.  Lo considero un amico, un maestro, un modello.  Mi commuovono e mi infiammano le pagine dei suoi scritti che parlano di Gesù – la cui centralità nella sua vita e nelle sue opere ho rilevato più sopra – della vita eterna e dell’intenso desiderio di conseguirla, della preghiera, delle virtù cristiane e soprattutto dell’amore e dell’umiltà. In relazione al mio lavoro presso la Santa Sede, mi interessano ovviamente quelle pagine dove Agostino entra in dialogo con la società del suo tempo e assegna alla Chiesa il compito di promuovere la concordia e la solidarietà, cioè di sforzarsi di costruire la città di Dio all’interno della stessa città terrestre.  Ne cito una che mi ha sempre profondamente colpito e che trovo di estrema attualità.  Si tratta di una lettera al  conte Dario, inviato della corte di Ravenna in Africa, al quale spiegava: “Il titolo più grande di gloria (per un capo militare) è quello di uccidere la guerra con la parola (in latino “verbo”, cioè con il negoziato, le trattative) anziché uccidere gli uomini con la spada, e procurare di mantenere la pace con la pace e non con la guerra … Tu  sei stato inviato per impedire che si tenti di spargere il sangue di chicchessia. Mentre quindi gli altri soggiacciono a un’evenienza inevitabile, tu hai una missione invidiabile” (Ep. 229, 2).

Antonello Sacchi

La conversione di Agostino - particolare dell'Arca

La conversione di Agostino – particolare dell’Arca

Questa voce è stata pubblicata in Appuntamenti della Comunità Agostiniana di Pavia, Attività della comunità agostiniana, Basilica di san Pietro in Ciel d'Oro, Sant'Agostino e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.